Che il calo delle nascite sembri inarrestabile lo certifica l’Istat: 12mila bimbi in meno rispetto all’anno scorso (quando si era scesi per la prima volta sotto il mezzo milione di nuovi nati). Dall’inizio della crisi, dal 2008, sono centomila italiani in meno. Un numero enorme, capace di sballare ogni previsione attuariale.
Che il governo non sappia che pesci prendere lo dicono le ultime notizie: un emendamento “in notturna” alla manovra di fine anno si occupa di nuovo del “bonus bebè”, che dal 2018 diventerebbe “strutturale” (che poi tanto strutturale non è, visto che è finanziato solo per tre anni). Solo che la copertina per i nascituri, tira da un lato tira dall’altro, è sempre quella, cosicché il bonus c’è, però dal 2019 viene dimezzato, però anziché garantire le famiglie per tre anni viene elargito solo per un anno, però che ci fai con 480 euro in tutto, distribuiti a 40 euro al mese? Ci paghi a rate la carrozzina, a patto che non sia troppo pretenziosa?
E un’altra domanda viene dal profondo del cuore, o dello stomaco che sia: per dirla brutale, ma loro - loro che di notte scrivono le leggi - non hanno figli? O pensano che i figli degli altri costino meno? Non è facile demagogia: è piuttosto il sospetto che se la crisi ha prodotto anche una mutazione sociale in questo Paese non è solo per il blocco dell’ascensore sociale, ma anche per il ritorno in grande spolvero di “lor signori”. Quelli che con la realtà (il prezzo del latte, per capirsi) non sanno far di conto.
Per tornare a quel che accade: i dati dicono che anche gli stranieri in Italia fanno meno figli, per la prima volta sotto quota 70mila. Se si legge questo dato insieme a quello che ci racconta che per la prima volta gli immigrati stanno - massicciamente - lasciando l’Italia per tornare nei Paesi d’origine (lo dice l’Ocse), c’è molto da riflettere.
Un altro aspetto sostanziale è che la denatalità riguarda soprattutto i primi figli: nel nostro Paese i bambini si fanno ancora soprattutto (al 70%) all’interno dei matrimoni, ed anche i matrimoni sono crollati con la crisi (erano quasi 250mila nel 2008, sono stati poco più di 200mila nel 2016). Ma anche chi si sposa aspetta, pensa e ci ripensa, tanto che l’età media delle mamme italiane è ormai sopra i 32 anni. A frugare tra i dati ci sono aspetti positivi: l’anno scorso ci sono stati quasi 9mila matrimoni in più, che hanno permesso appunto di tornare sopra la soglia dei 200mila, cosicché per il 2017 si attende anche un recupero nelle nascite. Però, come in tante altre cose di questo nostro Paese, siamo su quello zero-virgola su cui è difficile imbastire pronostici, troppo presto per parlare di “inversione di tendenza”.
E l’inversione di tendenza, comunque, ha sempre lo stesso nome: lavoro. O vengono finalmente fatte politiche per il lavoro stabile e sicuro, a cominciare da quello dei giovani e delle donne, o è inutile continuare a piangerci addosso perché questa Italia non ha più bambini.