Antonietta ha perso le figlie, lei è viva praticamente “per sbaglio”: ha sparato anche a lei. Eppure aveva chiesto aiuto a tutti contro quel marito carabiniere diventato violento e ossessivo - alle forze dell'ordine, agli amici, ai familiari, agli assistenti sociali, al parroco - ma non voleva denunciarlo in modo formale perché lui avrebbe “rischiato di perdere il lavoro". Imma, invece, lo aveva già denunciato quel marito che l’ha uccisa davanti alla scuola della figlia, a Terzigno, ma non è bastato. Laura no, non aveva mai segnalato il suo compagno violento, ne era solo scappata…
2018: una donna uccisa ogni 60 ore…
E allora viene un brivido a leggere nella relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, ultimo atto depositato della passata legislatura, che “circa un quarto delle denunce presentate contro soggetti noti vengono archiviate”. Anche perché poi se la giustizia va avanti non finisce ovunque allo stesso modo: quando un marito (un fidanzato, un ex) arriva davanti ai giudici del tribunale “le percentuali di assoluzione variano abbastanza sensibilmente sul territorio nazionale, passando da un minimo del 12,6% del distretto di Trento al 43,8% di Caltanissetta”. E dopo? Che succederà “dopo”?
Tribunali, polizia, carabinieri, centri antiviolenza: dati differenti, “non è stato previsto nemmeno - ammette il Parlamento -, fino al Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere adottato nel luglio 2015, un sistema integrato di raccolta e di elaborazione dei dati”. Che comunque ancora non funziona. Ma il nodo sempre quello resta: dal 2011 al 2016 i delitti comuni sono diminuiti di quasi il 40%, quelli “in ambito familiare” no. Su 116 donne uccise nel 2016, 111 sono state ammazzate dal marito, dal fidanzato, dall’ex. Nell’ultimo anno sono ancora di più.
La violenza contro le donne ha numeri da capogiro. Poco meno di 7 milioni di donne tra i 16 e i 70 anni (quasi una su tre) riferiscono di aver subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale nella propria vita, dalle forme meno gravi (come lo strattonamento o la molestia) a quelle più gravi, come il tentativo di strangolamento o lo stupro.
Dal 2011 al 2016 ci sono stati oltre 30mila procedimenti per maltrattamenti in famiglia (14mila nel 2016, all’80% donne), 22mila casi di stalking (13mila solo nel 2016, al 74% donne). Numeri, numeri, numeri: pazzeschi. Di cui non c’è la percezione. Questo sì, invece, un grande problema di “sicurezza” sociale.
Tra i dati elaborati dalla Commissione parlamentare anche quella sull’età delle vittime di femminicidio: il maggior numero - una su tre - ha più di 64 anni; il 19% delle donne assassinate ha tra i 35 e 44 anni; il 18% è tra i 45 e i 54. Ma cominciano a morire da piccole: il 6% delle donne ammazzate ha tra i 18 e i 24 anni. Una fotografia impietosa dell’Italia dove non si salva nessuna.
Le buone notizie - qualcuna c’è nella relazione - sono nel fatto che la laboriosa macchina della prevenzione si è messa in moto, che sia le forze di polizia che i carabinieri hanno iniziato ad attivare nuclei specializzati, che sanno ascoltare; che parecchie Procure stanno riorganizzandosi per far fronte al problema. Perché la cosa peggiore, quando una donna si decide a denunciare, è sentirsi rispondere: “Torna a casa, assecondalo, tra marito e moglie si sa…”. E questi, tante e troppe volte, sono ancora i “buoni consigli” che condannano le donne.