Mentre si aspetta di capire se si riuscirà a formare un governo e chi ne saranno i protagonisti, se nel programma che ne sarà alla base ci sarà o meno un reddito di cittadinanza e quale forma avrà, un dato è certo: il REI (il reddito di inclusione partito il primo gennaio di quest’anno) c’è e ci sono anche i primi dati su cui riflettere. Nel primo trimestre 2018 l’Inps ha reso noto che sono stati erogati benefici economici a 110mila famiglie per un totale di 317mila persone. Il 72% delle prestazioni è stata erogata nel sud d’Italia, raggiungendo il 76% delle persone coinvolte. Campania, Calabria e Sicilia sono le regioni con il maggiore numero assoluto di famiglie beneficiarie: insieme rappresentano il 60% del totale dei nuclei e il 64% del totale delle persone coinvolte.
L’importo medio mensile, pari a 297 euro, è variabile a livello territoriale, con una forbice che va da 225 euro per i beneficiari della Valle d'Aosta ai 328 euro per la Campania. L’importo medio erogato varia per numero dei componenti del nucleo familiare, da un minimo di 177 euro per i nuclei con una sola persona a 429 euro per quelli con 6 o più componenti.
Le famiglie beneficiarie con un minore a carico sono al momento 57mila e rappresentano il 52% del totale, mentre sono 21 mila e 500 i nuclei familiari con disabili, corrispondenti al 20% delle famiglie e delle persone interessate. Sempre secondo l’Inps si tratta ancora solo di circa la metà della platea raggiungibile con la copertura economica a disposizione che, è bene ricordare, è ancora molto distante da quanto sarebbe necessario per dare un sostegno a quel milione e ottocentomila famiglie in stato di povertà assoluta che attualmente vivono nel nostro Paese.
L’Alleanza contro la Povertà (la rete di associazioni e sindacati che si è battuta in questi anni per introdurre il REI) ha commentato questi primi dati sostenendo che ora il nuovo Governo dovrà estendere la copertura del REI ed il contributo economico e, soprattutto, investire sulla sua attuazione attraverso il potenziamento dei servizi pubblici territoriali per rendere questa misura di contrasto alla povertà pienamente efficace.
La Cgil, che partecipa all’Alleanza, ha aggiunto che “per rendere realmente efficace la misura, e dopo il bilancio dei primi tre mesi questo risulta ancora più evidente, è imprescindibile incrementare le risorse disponibili, sia per estendere la platea dei destinatari e rendere lo strumento realmente universale, sia per aumentare il beneficio economico ancora troppo esiguo. Contestualmente occorre mettere in atto interventi straordinari per rafforzare il sistema dei servizi pubblici territoriali chiamati a sostenere i cittadini in percorsi di attivazione volti ad uscire dalla condizione di disagio economico”.
Ecco allora un primo terreno concreto di confronto e di verifica per il futuro governo e per il nuovo Parlamento: non una questione nominalistica (come va chiamata questa misura), ma di contenuti su cui lavorare e risorse da mettere a disposizione già dal prossimo DEF perché la lotta alle povertà, dopo anni di rinvii e precarie sperimentazioni, diventi vera priorità d’azione fin dai prossimi mesi.