Da più di due mesi sono in lotta - anche con qualche momento di tensione all’esterno della fabbrica - per la difesa dello stabilimento in cui, tra organico (una settantina di lavoratori) e indotto, lavorano circa cento lavoratori. Sono gli occupati nello stabilimento “La Doria” di Acerra, nel napoletano, che produce qualcosa come 50 milioni di vasi di sughi di pomodoro pronti per il consumo. Ebbene, pur con questo po’ po’ di produzione, l’azienda ha deciso di chiudere, mettendo sul lastrico le maestranze, sostenendo di calcolare perdite per circa tre milioni.
Secondo i lavoratori e le organizzazioni sindacali, invece, la chiusura dello stabilimento non si giustificherebbe in alcun modo dal momento che mai si era fatto ricorso alla cassa integrazione e si continua persino a lavorare su tre turni mentre la stesa azienda annuncia massicci investimenti per l’ampliamento della casa-madre di Parma.
Dopo una prima ondata di proteste nel marzo scorso, era stato aperto un tavolo di confronto (azienda-sindacati-regione Campania-amministrazione comunale di Acerra) con l’obiettivo di definire una strategia comune per impedire la chiusura dello stabilimento e, comunque, per la salvaguardia dei diritti presenti e futuri dei lavoratori in organico. In quella sede i vertici aziendali avevano dato quanto meno la garanzia della redistribuzione delle maestranze di Acerra negli altri tre stabilimenti campani del gruppo.
Dopo qualche settimana di tregua, punto e daccapo: non solo gli iniziali orientamenti padronali non si sono concretizzati, ma la situazione si è aggravata. L’azienda ha infatti comunicato le sue definitive e inaccettabili decisioni: chiusura dello stabilimento nel prossimo settembre, trasferimento della produzione a Parma (secondo il disegno originario) dove dovrebbero essere trasferiti anche 18 degli attuali operai di Acerra, mentre in 49 dovrebbero essere collocati negli altri tre stabilimenti del gruppo operativi nella regione.
Sindacati e lavoratori non ci stanno: né per i trasferimenti così lontani da casa, né soprattutto per la immotivata chiusura dello stabilimento. E la lotta è così ripresa partendo da un presupposto: la chiusura dello stabilimento peserebbe in modo drammatico su un territorio già provato da altre crisi aziendali, e con un tasso di disoccupazione tra i più alti del Paese.
Da qui la sollecitazione - di cui si è fatta portavoce la deputata Michela Rostan con un’interrogazione al ministro dello Sviluppo economico - di un intervento del governo per affrontare il caso “La Doria” “anche attraverso la convocazione di un tavolo di confronto nazionale presso il ministero”. L’obiettivo: agevolare la ricerca di una soluzione condivisa tra azienda e sindacati “che non penalizzi i lavoratori e l’assetto produttivo di una intera area, come quella metropolitana di Napoli, già fortemente provata dalla bassa occupazione e della deindustrializzazione”.