Ci sono voluti più di vent’anni perché il Parlamento prendesse atto dell’esistenza della finanza etica e ne valutasse appieno le sue specificità e potenzialità. Solo con una norma introdotta nella finanziaria 2017 si è finalmente modificato il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia riconoscendo appieno, anche in quella sede, la finanza etica e sostenibile.
Il nostro ordinamento considera ora come operatori di finanza etica e sostenibile quegli istituti di credito che valutano i finanziamenti erogati a persone giuridiche secondo standard di rating etico internazionalmente riconosciuti, con particolare attenzione all'impatto sociale e ambientale che essi determinano; che danno evidenza pubblica, almeno annualmente, anche via web, dei finanziamenti erogati; che devolvono almeno il 20 per cento del proprio portafoglio di crediti a organizzazioni senza scopo di lucro o a imprese sociali con personalità giuridica, come definite dalle norme relative al Terzo Settore; che non distribuiscono profitti e li reinvestono nella propria attività istituzionale; che adottano un sistema di governance e un modello organizzativo a forte orientamento democratico e partecipativo, caratterizzato da un azionariato diffuso; e che, infine, adottano politiche retributive tese a contenere al massimo, al proprio interno, la differenza tra la remunerazione maggiore e quella media della banca, il cui rapporto comunque non può superare il valore di 5.
Un bel passo avanti se si pensa che Banca Etica ha già compiuto i vent’anni di attività e le Mag (le Mutue per l’Autogestione) che l’hanno preceduta ne hanno sulle spalle, di anni, molti di più. Ma, come spesso accade nel nostro Paese, quello di tre anni fa è stato solo il primo passo, ancora oggi senza strumenti attuativi, e quindi non in grado di produrre in concreto effetti positivi. Infatti il previsto decreto attuativo da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze non è stato ancora emanato e solo da qualche settimana sono state concluse le consultazioni sullo schema allo scopo predisposto. Il punto è ovviamente delicato perché se al riconoscimento formale della finanza etica non si accompagnano norme che la valorizzino e la sostengano è evidente che non cambierebbe nulla rispetto ai venti anni precedenti, e quindi la norma rimarrebbe solo di facciata. Intendiamoci, importante dal punto di vista dei principi, ma inutilizzabile per chi intendesse far leva su di essa per far fare alla finanza etica passi in avanti più significativi e più veloci di quanto essa non sia riuscita a fare, da sola, sulle proprie gambe fino ad ora.
La vicenda ha anche un carattere simbolico molto forte nell’epoca dei titoli spazzatura, delle frodi bancarie, e degli interventi salva banche effettuati a spese dei contribuenti, perché indicherebbe ed evidenzierebbe non solo la possibilità di operare nel mondo del credito e della finanza in maniera diversa, ma anche dicendo chiaramente che le istituzioni pubbliche intendono premiare e sostenere i comportamenti virtuosi anche in questo campo.
Ecco perché nel corso della consultazione pubblica sullo schema di decreto predisposto dal Mef Banca Etica ha sollevato alcune perplessità ed indicato alcuni correttivi proprio allo scopo di non lasciare senza alcuna seria possibilità operativa il riconoscimento introdotto con la Finanziaria del 2017. In particolare si considerano inadeguati gli incentivi fiscali previsti nello schema di decreto perché prevedono un tetto massimo di appena 200 mila euro di detassazione, in tre anni, per gli utili reinvestiti nella “mission” degli istituti di credito operanti nella finanza etica; gli standard etici internazionali a cui lo schema di decreto fa riferimento sono troppo generici e per questo Banca Etica suggerisce di indicare a questo fine, espressamente, gli obbiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e, per ultimo, di rendere obbligatoria la pubblicazione in maniera trasparente dell’impatto sociale ed ambientale di tutti i finanziamenti erogati dagli operatori di finanza etica.
Si tratta, come si vede, di suggerimenti minimi, nati dall’esperienza concreta di chi non ha aspettato che ci fosse una legge per operare in maniera diversa, dando vita sul campo e ben prima alla finanza etica. Farebbe bene il Governo ed il legislatore a tenerne conto.