Per il sesto anno consecutivo l’Istituto Toniolo, ente fondatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha reso noti i dati del suo rapporto annuale sui giovani sotto i 35 anni del nostro Paese. E sono dati che fanno riflettere. Infatti a dieci anni di distanza dalla crisi del 2008 l’incertezza dei giovani nei confronti del loro futuro è ancora molto grande: uno su quattro, il 25%, ritiene che arriverà ai quarant’anni senza un lavoro e senza aver potuto mettere su una famiglia propria. Il rapporto conferma inoltre il primato italiano in Europa di Neet, di giovani che non studiano e non lavorano, che si attesta sul 20% della popolazione giovanile. Se si prende in esame la generazione di chi aveva 20-24 anni a inizio crisi e la si segue nei dieci anni successivi (passando per la fase più acuta e fino all'uscita formale dalla recessione), si nota come l'incidenza di NEET sia continuamente cresciuta, salendo dal 21,3% al 29,1%. Una generazione invecchiata peggiorando progressivamente la propria condizione e arrivando a superare i 30 anni di età con un carico di fragilità record in Europa. Se nel 2007, all'età di 20-24 anni, il divario con la media europea era di circa 6 punti percentuali, questo risultava salito nel 2017, all'età di 30-34 anni, oltre i 10 punti percentuali.
A completare il quadro si aggiungono anche i dati dell’Istat che, nel suo rapporto annuale, ricorda come continui un sistematico deflusso di giovani italiani dai 20 ai 34 anni con livello di istruzione medio-alto dalle regioni del Mezzogiorno verso il Centro-nord (circa 250 mila durante il decennio) e quello degli italiani verso l’estero mostra contestualmente valori negativi, con una perdita netta nell’ordine di 420 mila residenti nello stesso arco temporale. Circa la metà di questa perdita è costituita da giovani dai 20 ai 34 anni e, tra essi, due su tre sono in possesso di un livello di istruzione medio-alto. I principali paesi di destinazione di questo brain drain (fuga di cervelli) sono il Regno Unito e la Germania. Uscendo dalla famiglia di origine sempre più tardi, ricorda l’Istat, i giovani sperimentano percorsi più frammentati rispetto alle precedenti generazioni, nei quali le tappe della transizione alla fase adulta della vita, a cominciare dal raggiungimento dell’autonomia e dell’indipendenza economica, si spostano in avanti. Inoltre persistono forti disuguaglianze nelle condizioni di benessere, legate, oltre che al territorio, al livello di istruzione, al genere e alle generazioni. In particolare, i giovani appaiono fortemente penalizzati sul mercato del lavoro e più esposti alla povertà.
L’incidenza di povertà assoluta è infatti particolarmente alta e ha registrato il maggiore incremento degli ultimi dieci anni per le persone fino a 17 anni e tra 18 e 34 anni (rispettivamente 8,9 e 6,4 punti percentuali in più del 2008), mentre la tendenza a una minore partecipazione civica è più accentuata fra le giovani generazioni, sia guardando l’ultimo anno disponibile sia nell’orizzonte decennale.
Nonostante ciò i dati analizzati dal Rapporto dell’Istituto Toniolo mostrano come nei giovani sia comunque forte il desiderio di migliorare non solo le proprie condizioni oggettive e individuali, ma di sentirsi parte attiva di una comunità che rafforza senso di appartenenza, benessere sociale e relazionale. I valori di riferimento individuati dai giovani, secondo il Rapporto, mettono al primo posto il lavoro e la famiglia, al secondo la legalità e la democrazia ed al terzo l’impegno civico, la solidarietà e l’antirazzismo. Per il 50% degli intervistati però la maggioranza degli italiani non rispetta le leggi, manifestando così una sensazione di impotenza diffusa, e addirittura 9 su 10 ritengono che, proprio per questo, sul rispetto della legalità occorrerebbe fare di più. La nuova indagine dell'istituto Toniolo offre anche una lettura diversa dell’uso o meglio dell’abuso, tra le nuove generazioni, di bevande alcoliche tanto che non trova conferma l'immagine a tinte fosche dipinta spesso dai media: la maggioranza, circa l'80% degli intervistati, adotta comportamenti di consumo moderato e responsabile verso se stessi e verso gli altri.
Un quadro insomma fatto di luci ed ombre, tante potenzialità ma anche una assenza di interventi ed una mancata assunzione di responsabilità da parte della politica e delle istituzioni, che dovrebbero lavorare per superare le difficoltà ed i ritardi più evidenti. Anzi secondo il Rapporto l’Italia sta entrando nella terza decade di questo secolo rimanendo una delle economie avanzate con maggiori difficoltà ad incoraggiare un ruolo attivo e positivo delle nuove generazioni.