Nella notte di martedì 6 agosto è stato approvato in consiglio dei ministri un decreto che nei primi 3 articoli prova a mettere un argine alla sfruttamento che vie è nel settore dei riders e più in generale del lavoro con piattaforma. Partiamo dicendo che in questo decreto si hanno dei provvedimenti che potenzialmente potrebbero essere buoni, ma che fatte in questo modo rischiano di essere un boomerang: obbligare le aziende all’assicurazione Inail per gli infortuni è cosa buona e giusta, vi è però il rischio che il costo di ciò ricada totalmente sui di noi lavoratori non essendoci nessun obbligo o indirizzamento alla contrattazione collettiva.
Il tentativo di abolizione parziale del cottimo in realtà non sta a significare niente in quanto è molto vaga la dicitura presente nel decreto (possiamo “essere retribuiti in base alle consegne effettuate purché in misura non prevalente”). Si rischia che ci venga dato un minimo garantito all’ora bassissimo, il quale sarà ottenibile solo in caso di accettazione di almeno una consegna all’ora (così enuncia il decreto: “la retribuzione base oraria è riconosciuta a condizione che, per ciascuna ora lavorativa, il lavoratore accetti almeno una chiamata”), cosa che rischia di non far cambiare la situazione perché se in un’ora non arriva a noi ciclofattorini nemmeno una richiesta di consegna di fatto non ne potremmo accettare nemmeno una e non per colpa nostra.
Giusta la possibilità di ottenere il sussidio di disoccupazione dopo 1 mese di collaborazione e non più dopo 3. Unico dettaglio di cui si dimentica sempre il ministro Luigi Di Maio è che la maggioranza dei riders non sono assunti come collaboratori, ma come lavoratori autonomi (autonomi tecnicamente, ma di sicuro non nella sostanza) e di conseguenza pochissimi di noi hanno diritto a questo sussidio.
Per questo e molto altro ancora diciamo che questo decreto è una delusione sia per la grande aspettativa che il ministro aveva creato nell’ultimo anno, tutti si ricorderanno delle grandi promesse (“li renderò tutti subordinati”, “aboliremo il cottimo”, “costringeremo le aziende a firmare un accordo o lo faremo applicare per via legale”), sia per a livello di contenuti perché di fatto non risolve niente, anzi riesce a peggiorare le condizioni che la sentenza di Torino ci voleva garantire prevedendo per noi l’applicazione del Contratto Collettivo Nazionale Merci & Logistica.
Questo decreto si risolve solo in una buona uscita mediatica per il ministro, il quale sa benissimo che l’opinione pubblica si interessa dei titoloni di giornale, ma non può andare a vedere poi nel concreto ciò che questo decreto cambia nella nostra vita lavorativa.
Invitiamo il ministro a favorire un miglioramento di questo provvedimento durante la conversione parlamentare coinvolgendo noi lavoratori che da più di un anno in alcuni territori come Firenze, insieme al Nidil locale, stiamo combattendo per sensibilizzare la cittadinanza sulle problematiche del nostro lavoro e nel frattempo stiamo provando a dare una mano a tutti i nostri compagni per i problemi quotidiani facendo mutualismo, cercando in questo modo di creare una coesione tra di noi lavoratori, cosa fondamentale per le nostre rivendicazioni.
Siamo stanchi di essere usati dal ministro Luigi Di Maio per fini elettorali, perché forse a lui interesserà mantenere il suo lavoro a discapito di tutto e tutti, ma dall’altra parte c’è gente che per colpa sua il lavoro lo ha perso o lo sta mantenendo con condizioni sempre peggiori: basti pensare ai 2000 ex lavoratori di Foodora di cui il ministro non si è voluto interessare.